
Con YouTube Video Identification, il servizio di video promette a Hollywood e alle televisioni un giro di vite sui contenuti illegali presenti sul sito. Una mossa con cui spera di invitare i colossi dei media a stringere nuovi accordi di business e a rinunciare alle cause legali. YouTube continua a mandare segnali di pace al mondo dei produttori di contenuti. L'ultimo in ordine di tempo, nonché il più atteso dall'universo del cinema e della televisione, è arrivato ieri. Il sito di video di proprietà di Google ha infatti comunicato il lancio (in fase beta, ovviamente, come da costume della casa) di YouTube Video Identification, una tecnologia che dovrebbe limitare la presenza contenuti illegali sulla sua piattaforma. Annunciata nel luglio 2007, la soluzione è considerata dal management di Mountain View la chiave di volta per evitare cause legali (come quella da 1 miliardo di dollari intentata da Viacom), consegnare ai fornitori di contenuti un ambiente protetto per i loro prodotti per coinvolgerli quindi in accordi di rilievo, attrarre gli inserzionisti e trasformare finalmente YouTube, pagato 1,65 miliardi di dollari, in un business. Come funziona? Dal punto di vista tecnologico, l'idea di YouTube Video Identification è quella di creare una sorta di "impronta", di immagine di ogni singolo video da custodire nel database di Google. In questo modo, ogni contenuto inserito su YouTube sarà automaticamente confrontato con l'archivio di "impronte" e gestito di conseguenza. In caso di corrispondenza, può essere, sempre in modo automatico, respinto, accettato, oppure pubblicizzato e accompagnato da pubblicità (con relativa condivisione dei proventi con YouTube). Il tutto, ovviamente, sulla base delle intenzioni espresse dai titolari del copyright e degli accordi che questi hanno eventualmente stretto con il servizio. Il sistema, che è stato testato da nove aziende, tra cui Walt Disney e Time Warner, permette "ai titolari di copyright" di "scegliere quello che desiderano fare dei loro video: bloccarne la visione, promuoverli o anche – in caso decida di sviluppare una partnership con noi – guadagnarci". Concetto ribadito al New York Times da David King , YouTube product manager: "Abbiamo bisogno che la comunità dei produttori di contenuti lavori con noi".
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